IO STO CON DARWIN, CRITICA RAGIONATA ALL’ANTIEVOLUZIONISMO
“Ricostruire la storia dell’evoluzione umana è un po’ come guardare attraverso il buco della serratura di una stanza e tentare con ciò di capire cosa accade all’interno di tutto il condominio.” Giorgio Manzi Paleoantropologo.
L’evoluzione umana non è stata una catena in cui a un anello è seguito il successivo, ma piuttosto è stata un cespuglio di rami, in cui soltanto due milioni di anni fa almeno cinque diverse forme di umani convivevano sulla Terra.
La teoria dell'evoluzione delle specie di Charles Darwin, o Darwinismo, è uno dei pilastri della biologia moderna. Tale teoria, che vide nella selezione naturale il motore fondamentale dell'evoluzione della vita sulla Terra, ha trovato un primo riscontro nelle leggi di Mendel sull'ereditarietà dei caratteri nel secolo XIX, e poi, nel XX, con la scoperta del DNA e della sua variabilità.
Lacuna importante dell’evoluzionismo darwiniano era la mancanza di un sistema in grado di spiegare la trasmissione ereditaria. Le ricerche di genetica, condotte da Mendel, sebbene contemporaneamente agli studi di Darwin, non erano a quell’epoca ancora note agli scienziati.
Il progresso della genetica trovò risposte alle tre domande cui Darwin non seppe mai rispondere (“ la nostra ignoranza delle leggi della variazione è profonda”): 1. Come sono trasmesse le caratteristiche ereditarie 2. Perché non si mescolano nella progenie le diverse caratteristiche genetiche 3. In che modo si origina la variabilità sulla quale agisce la selezione naturale.
L’unione della nuova genetica di Mendel alle teorie di Darwin è definita Teoria sintetica dell’evoluzione. Nella visione della teoria sintetica, come unità evolutiva non viene considerato l’individuo, bensì la popolazione: l’evoluzione ha luogo nel pool genico, che riunisce tutti i geni e gli alleli di una popolazione o di una specie.
Con lo sviluppo della biologia molecolare, a partire dagli anni Sessanta, la scala secondo cui mettere alla prova le nuove teorie ha raggiunto le dimensioni delle singole molecole proteiche e una grande quantità di dati ha confermato la sintesi moderna anche a livello molecolare.
Ma cosa significa evoluzione? Evoluzione significa cambiamento, un cambiamento che può riguardare l'aspetto esteriore, la fisiologia, il comportamento di un organismo e sicuramente il suo patrimonio ereditario, tra diverse generazioni. Invece, cambiamento non significa necessariamente evoluzione: un organismo può cambiare durante la sua crescita, ma in questo caso non evolve in senso darwiniano. Infatti, i fenomeni evolutivi non riguardano il singolo organismo, ma la sua discendenza.
Perché un organismo dovrebbe evolvere? I principali artefici dell'evoluzione sono il cambiamento delle condizioni ambientali nel corso del tempo e la variazione genetica casuale. La variabilità costituisce il materiale su cui agisce l'evoluzione, mentre la direzione di tale cambiamento viene stabilita dalle condizioni ambientali. Non potendo prevedere né l'uno né l'altro di questi fenomeni, non possiamo nemmeno prevedere il cambiamento futuro. L'evoluzione biologica ha una direzione (imprevedibile) ma non una finalità, il termine "progresso" è avulso dagli studi di biologia evoluzionistica e la grande diversità delle specie viventi è frutto di un cambiamento durante il quale, a partire da un singolo antenato comune, si sono verificate ramificazioni, biforcazioni, vicoli ciechi e modificazioni della stessa linea evolutiva. E sono proprio il cambiamento e la biforcazione delle linee evolutive degli organismi i principali argomenti affrontati dalla biologia evoluzionistica.
Altro concetto fondamentale della teoria evolutiva è quello di adattamento. L'adattamento è un termine che si riferisce a quelle proprietà degli organismi che permettono loro di sopravvivere e riprodursi. Gli esempi di adattamento che si possono trovare in natura sono innumerevoli. Occorre tener presente però che non tutte le caratteristiche morfologiche o comportamentali degli esseri viventi possono essere considerate adattative, anche se quelle adattative sono decisamente le più comuni e una spiegazione alla loro presenza deve essere fornita.
Nonostante l'evoluzione sia ormai ritenuta un fatto incontrovertibile, può essere utile fornire un ristretto numero di esempi che permettano, anche a chi è completamente digiuno di argomentazioni teoriche, di difendersi dall'ignoranza o dalla malafede. Cercare prove a sostegno dell'evoluzione significa trovare prove scientifiche che una specie si sia evoluta nel corso del tempo e argomentare su questa base contro coloro che sostengono la fissità delle specie. Le prove di questo tipo sono innumerevoli e comprendono prove osservabili direttamente su piccola scala, prove deducibili dalla relazione tra varie strutture (molecolari, o semplicemente morfologiche) presenti nei vari organismi viventi, e prove riscontrabili attraverso lo studio delle documentazioni fossili.
PROVE DIRETTE - TESTIMONIANZE FOSSILI - OMOLOGIE - PROVE EMBRIOLOGICHE
I PILASTRI SU CUI POGGIA L’EVOLUZIONE
LA SELEZIONE NATURALE E LA VARIAZIONE - ORIGINE DELLA VARIABILITÀ
LA DERIVA GENETICA - L'ADATTAMENTO – LA SPECIAZIONE (ALLOPRATICA, PARAPRATICA E SIMPRATICA)
La microevoluzione si occupa dei cambiamenti che avvengono in tempi brevi nell'ambito di una specie (mutazioni, deriva genetica, selezione naturale). Un esempio molto studiato è la modificazione della farfalla Biston betularia in seguito all'inquinamento.
La macroevoluzione si occupa dei grandi cambiamenti che sono avvenuti in tempi lunghi: per esempio, quelli che hanno portato alla diversificazione di gruppi di specie, come la differenziazione dei vertebrati dagli invertebrati o dei mammiferi dai rettili.
A un differente livello di organizzazione, oggi si studia anche l'evoluzione molecolare, che cerca le affinità nelle diverse specie delle proteine e del DNA, le molecole più complesse e importanti negli esseri viventi.
Tutti questi studi permettono di valutare il grado di somiglianza anche a livello genetico dei diversi organismi e tracciare con sempre maggiore precisione la storia della vita sulla Terra.
Gli studi macroevolutivi riguardano invece più specie di organismi. Il primo passo consiste dunque nell’identificare le specie, per poi cercare di comprendere le relazioni che tra esse intercorrono. Per fare questo si possono analizzare le differenze morfologiche che esistono tra le specie, compito svolto dalla sistematica tradizionale. Tuttavia, a fianco di questi metodi classici, le scoperte della biologia molecolare ci consentono di ottenere le sequenze di DNA e determinare così le differenze a livello molecolare tra le specie. Questo permette di misurare in modo assai preciso le distanze genetiche e conseguentemente le relazioni tra gli organismi che si vogliono studiare. Tali relazioni vengono poi riassunte in un “albero filogenetico” che descrive la storia evolutiva delle specie analizzate. Inoltre, le differenze tra sequenze si accumulano in modo lineare nel tempo consentendo così di calibrare un “orologio molecolare”. L’uso di questo “orologio” permette di stimare anche i tempi che hanno caratterizzato una particolare storia evolutiva. Questo metodo è stato applicato con successo a diversi gruppi di organismi.
EVOLUZIONE E CREAZIONISMO
I CREAZIONISTI
Tutt'oggi, nonostante l'enorme mole di studi e di conferme, molte persone ignorano o addirittura avversano la teoria dell'evoluzione. Il caso più lampante è quello del movimento creazionista americano che nega l'esistenza dell'evoluzione e propone una specie di "creazionismo scientifico". Il movimento sembra così influente, se non scientificamente almeno dal punto di vista politico, che alcuni famosi evoluzionisti (S. J. Gould, paleontologo di Harvard, D. Futuyima, biologo evoluzionista dell'Università dello Stato di New York, R. Dawkins, professore di zoologia all'Università di Cambridge) sono stati indotti a scrivere articoli o interi volumi in difesa dell'evoluzione. Ancora una volta, l'importanza e il grande potere interpretativo della teoria dell'evoluzione fanno sì che essa venga considerata un ostacolo, non tanto per le implicazioni biologiche che comporta, ma per il ruolo in cui l'uomo viene relegato e più in generale per le implicazioni filosofiche.
Innanzi tutto occorre distinguere tra antidarwinisti e creazionisti. I creazionisti sono coloro che ritengono che il mondo e le specie viventi siano stati creati da entità soprannaturali e non abbiano subito sostanziali modifiche in seguito; in particolare, i creazionisti di tradizione giudaico-cristiana attribuiscono valore letterale al racconto biblico della Genesi, secondo cui il mondo e le specie viventi sarebbero stati creati da Dio così come sono, in sei giorni, circa seimila anni fa. Gli antidarwinisti sono invece tutti coloro che, per motivi vari, criticano la teoria dell’evoluzione così come è stata formulata da Charles Darwin. Quindi i creazionisti sono sicuramente antidarwinisti, ma non tutti gli antidarwinisti sono creazionisti.
Il movimento creazionista, piuttosto che estinguersi in modo naturale, di fronte all'avanzata delle evidenze scientifiche a favore di una visione evoluzionistica, sta conoscendo una stagione di inaspettata riscossa: particolarmente diffuso negli Stati Uniti, da qualche tempo sta dando segnali di ripresa anche in Europa e in Italia.
i creazionisti hanno tentato di dare vesti scientifiche alla loro credenza, sostituendo il vecchio dogma creazionista con la cosiddetta scienza della creazione, che porterebbe testimonianze oggettive a sostegno della verità biblica. Università e centri di ricerca privati fondati allo scopo, e intellettuali inclini al presenzialismo televisivo, si sforzano di convincere il pubblico che il creazionismo sia una scienza. A tal fine, argomentano facendo ampio uso di deduzioni indebite, salti logici ingiustificati, mal dissimulato principio di autorità e ragionamenti circolari; cadono spesso nell'attacco personale contro l'avversario (chi contesta gli insegnamenti religiosi sarebbe un sostenitore del disordine sociale e dell'immoralità), o nell'equivoco tra fatti e loro interpretazioni etiche (se discendiamo dagli animali, qualcuno potrebbe usare questo argomento per giustificare violenza e crudeltà, quindi è meglio credere che non sia vero).
Esistono creazionisti volenterosi e in buona fede che si impegnano a fondo per trovare elementi scientifici a proprio vantaggio: ma questa ricerca, il più delle volte, si limita al tentativo di smontare singoli dettagli dell'evoluzione, o a manipolarli perché si adattino al quadro creazionista, piuttosto che a fornire prove in positivo delle proprie affermazioni. Per quale motivo, se anche si riuscisse a provare che l'evoluzione darwiniana è completamente sbagliata, questo dovrebbe bastare a dimostrare che ha ragione la narrazione biblica? Nessun ragionamento logico, ma solo l'ennesima convinzione dogmatica, implica che esistano queste due sole possibilità. L'ultimo appiglio, quando tutto il resto fallisce, è quello di invocare nuovamente la parità di diritti, appellandosi non più all'idea che "anche il creazionismo sia una teoria scientifica", ma a quella, contrapposta, che anche le visioni scientifiche siano dogmatiche e che "anche l'evoluzionismo sia una religione".
Il creazionismo, secondo i suoi critici, non è soltanto un attacco alla biologia evoluzionistica, ma un attacco a tutte le scienze, e al metodo scientifico nel suo complesso. Se i creazionisti avessero ragione, sarebbero errate gran parte delle acquisizioni della cosmologia, dell'astrofisica, della biochimica, della geologia, e di tutte le scienze naturali, discipline che invece hanno dato prova, in misura enorme, di convergere a conclusioni credibili e compatibili tra loro. Si può ricordare inoltre come l'offensiva creazionista rientri in una più generale tendenza alla mobilitazione pubblica di tutti gli ambienti estremisti religiosi, fortemente conservatori, che da qualche decennio ha un impatto non trascurabile sulla politica degli Stati Uniti.
Al di là di questo, tuttavia, le correnti cattoliche dichiaratamente antidarwiniste sono sicuramente minoritarie. Nel nostro paese, le obiezioni di matrice religiosa alla visione evoluzionistica provengono in gran parte da ambienti protestanti, da quello dei Testimoni di Geova, o da movimenti religiosi minoritari di origini molto recenti. Altre obiezioni di matrice filosofica giungono dagli ambienti esoterici (tradizionalmente contrari all’evoluzione biologica, perché sostenitori di una visione alternativa di evoluzione spirituale) e da quelli del cosiddetto pensiero controrivoluzionario, che include l’evoluzionismo (insieme al liberalismo laico, al marxismo e alla psicanalisi) tra le numerose ideologie mirate a despiritualizzare il mondo e a sovvertirne i valori: per entrambi, si tratta di punti di vista in polemica generale contro il materialismo, ma non volti a sostenere il creazionismo biblico. In ogni caso, raramente i sostenitori di queste opinioni aspirano a presentarle come scientifiche: piuttosto, affermano di non riconoscere priorità al metodo scientifico, e di non essere interessati a rientrarvi.
Gli argomenti che usano i creazionisti sono in genere speciosi e fondati su fraintendimenti (o addirittura bugie) sull'evoluzione, ma il numero e la diversità delle obiezioni possono mettere in difficoltà anche persone ben informate.
ancora oggi persistono popolarissime falsità a proposito di come funziona l’evoluzione, senza nemmeno bisogno di andare a scomodare il creazionismo, sia esso quello caricaturale della Terra Giovane o il più raffinato criptocreazionismo dell’Intelligent Design. Ecco alcune delle più diffuse: quante volte le avete lette? E a quante avete creduto?
L'evoluzione è solo una teoria. Non è un fatto o una legge scientifica.
una teoria scientifica è “una spiegazione ben motivata di alcuni aspetti del mondo naturale che può incorporare fatti, leggi, e ipotesi testate”. Per quanto convalidata, nessuna teoria diventa una legge, che è una generalizzazione descrittiva della natura. Così, quando gli scienziati parlano di teoria dell'evoluzione - o di teoria atomica o di teoria della relatività - non stanno esprimendo delle riserve sulla sua verità.
Tutte le scienze si basano spesso su prove indirette. I fisici, per esempio, non possono vedere direttamente le particelle subatomiche e ne verificano l'esistenza guardando le tracce rivelatrici che lasciano nelle camere a nebbia. L'assenza di osservazioni dirette non rende le conclusioni dei fisici meno certe.
La marcia del progresso.
Cercate evoluzione su Google immagini e osservate i risultati. L’immagine, o meglio, l’icona che domina è una serie di ominidi in fila indiana messi di profilo. Da sinistra verso destra, più ci avviciniamo alla nostra specie, più la postura diventa eretta e i tratti meno primitivi. Questa immagine, nota come La marcia del progresso, è talmente famosa da essere diventata un’icona pop,. La vediamo in ogni sorta di siti, persino di istituzioni scientifiche, ed è approdata anche sul francobollo delle poste italiane dedicato al bicentenario darwiniano del 2009.
Eppure l’evoluzione non potrebbe essere più diversa di così.
Lasciando da parte lo spinoso problema di quale sia il modo migliore di rappresentare una versione generalizzata del processo evolutivo (un albero? Ma che cresce in quale direzione? E perché?), la marcia del progresso suggerisce un processo continuo di antenato in antenato fino ad arrivare a Homo sapiens, completamente eretto e pronto a prendere possesso del mondo. Si presenta quindi l’evoluzione come finalistica e lineare, quando invece la storia della famiglia umana non potrebbe essere più intricata ed è solo un effetto della contingenza che ai giorni nostri sia presente solo una specie del genere Homo, la nostra.
La marcia del progresso è apparsa per la prima volta in un libro di testo del 1965, scritto dall’antropologo Francis Clark Howell e illustrato dal disegnatore Rudolph Zallinger. L’immagine non era stata pensata con quel significato, e il testo allegato era chiaro: alcuni degli ominidi nella serie già allora non erano considerati antenati dell’uomo, ma i memi molto spesso non seguono il destino programmato dai creatori e questa immagine, col suo bagaglio diseducativo e fuorviante, è diventata virale.
L’uomo che discende dalla scimmia
L’uomo non discende dalle scimmie attuali, né viceversa. Scimmie e uomo hanno invece un antenato in comune. Nel caso degli scimpanzè (Pan troglodytes) e bonobo (Pan paniscus), con i quali condividiamo buona parte delle sequenze genomiche, l’antenato più recente in comune con noi è vissuto, secondo le attuali stime, tra i 4 e gli 8 milioni di anni fa.
Questo era senz’altro diverso sia dagli scimpanzè sia dall’uomo, e lo potremmo pure chiamare “scimmia” se non fosse che nel linguaggio comune con questa parola ci si riferisce implicitamente a una specie attuale. A qualcuno non piacerà, ma la realtà è che l’uomo non deriva dalla scimmia perché, più correttamente, l’uomo è una scimmia.
3. L’evoluzione non può avvenire, perché viola il secondo principio della termodinamica
La fandonia in questione DICE che, stando al secondo principio della termodinamica, il disordine (entropia) di un sistema può solamente aumentare: l’evoluzione, secondo cui l’ordine aumenterebbe nel tempo (per esempio i viventi tendono a diventare più complessi), non può quindi accadere.
Come mai questa sconvolgente rivelazione è presa sul serio solo nella letteratura creazionista, e non dalle riviste scientifiche? Esiste forse un complotto internazionale tra fisici e biologi per impedire che la Verità venga a galla? La realtà è che si tratta ancora una volta di uno trovata in mala fede.
Il secondo principio dei creazionisti non è lo stesso che intendono i fisici, ma una sua parodia. In breve, è vero che l’entropia di un sistema può solo aumentare, ma la condizione fondamentale è che il sistema sia isolato, cioè non scambi energia e materia con l’esterno. L’unico sistema realmente isolato è l’Universo stesso: al suo interno l’entropia complessiva aumenta, ma in alcune parti del sistema il disordine aumenta mentre in altre diminuisce, per esempio l’energia che la Terra riceve dal Sole permette un aumento locale di ordine in quegli strani oggetti che chiamiamo esseri viventi. Se fosse vero ciò che dicono i creazionisti, i semi non potrebbero germinare e gli organismi non potrebbe crescere, eppure ci sono prove piuttosto evidenti del contrario.
Meno evoluto a chi?
Dopo Darwin, l’uomo è tornato ad avere un posto all’interno della natura, invece di esserne il padrone.
Eppure il narcisismo umano è tale che i viventi vengono ancora istintivamente classificati secondo una Scala Naturae , ove naturalmente l’uomo occupa le posizioni più elevate. Siccome oggi però siamo tutti antropocentrici ci ritroviamo a dire ad esempio che “i mammiferi sono più evoluti dei rettili”: espressioni come questa non hanno alcun senso scientifico. L’uomo non è “più evoluto” di un insetto o di una patata,: tutti gli organismi oggi viventi sono la manifestazione di un processo evolutivo cominciato circa 4 miliardi di anni fa, e siamo tutti profondamente imparentati.
Anelli mancanti
La favola degli anelli mancanti di cui gli scienziati sarebbero alla continua ricerca è da sempre una manna per i creazionisti. Dire “anello mancante” avrebbe senso solo se esistesse una catena nell’evoluzione.
La teoria dell’evoluzione implica che i fossili possano offrirci (e lo ha fatto ripetutamente) forme di transizione, cioè organismi con caratteristiche intermedie tra un gruppo più antico (per esempio i pesci) e uno più recente (per esempio gli anfibi), ma non è affatto detto che gli esemplari trovati appartengano sempre alle specie progenitrici che sappiamo essere esistite (anche se possiamo immaginare si somigliassero molto).
I fossili di transizione aiutano i paleontologi a comprendere sempre meglio l’evoluzione di un certo gruppo, perché permettono di conoscere l’aspetto e il comportamento di alcuni progenitori cruciali, ma nessuno si preoccupa di doverne provare l’esistenza stessa. Purtroppo l’anello mancante è talmente adorato dai media che anche gli scienziati, a volte, si piegano al marketing, come è accaduto nel caso di Ida (Darwinus massillae) fossile di un piccolo primate vissuto 47 milioni di anni fa e presentato in pompa magna come l’anello mancante (con tanto di sito) nell’evoluzione dei primati.
L’evoluzione è la sopravvivenza del più forte
Non è vero che nell’evoluzione sopravvive il più forte, e nemmeno il più adatto. L’espressione sopravvivenza del più forte, coniata da Herbert Spencer e fatta propria anche da Darwin voleva essere una frase ad effetto per riassumere il processo di adattamento per selezione naturale, ma oggi purtroppo è usata per definire l’evoluzione nella sua totalità, che invece comprende diverse altre forze in gioco. Inoltre, anche limitandosi alla selezione naturale, bisogna specificare che la mera sopravvivenza da sola non basta: ciò che conta è la quantità e la qualità della discendenza
L'evoluzione non è scientifica, perché non è verificabile o falsificabile. Fa affermazioni su eventi che non sono stati osservati e che non possono essere ricreati.
Questo rifiuto complessivo dell'evoluzione ignora importanti distinzioni che dividono il campo in almeno due grandi settori: la microevoluzione e la macroevoluzione. La microevoluzione guarda i cambiamenti all'interno delle specie nel corso del tempo, le modifiche che potrebbero preludere alla speciazione, l'origine di nuove specie.
La macroevoluzione studia come cambiano i gruppi tassonomici al di sopra del livello della specie. I suoi dati provengono spesso dai confronti fra reperti fossili e DNA per ricostruire come possono essere correlati fra loro i vari organismi.
Oggi anche la maggior parte dei creazionisti riconosce che la microevoluzione è stata confermata da test di laboratorio (come negli studi su cellule, piante e moscerini della frutta) e sul campo (come negli studi di Grant sull'evoluzione delle forme del becco tra i fringuelli delle Galápagos). Nel corso del tempo la selezione naturale e altri meccanismi - come i cambiamenti cromosomici, la simbiosi e l'ibridazione - possono indurre profondi cambiamenti nelle popolazioni.
L'evoluzione potrebbe essere confutata anche in altri modi. Se potessimo documentare la generazione spontanea di una sola complessa forma di vita dalla materia inanimata, allora almeno alcune delle creature che vediamo nei reperti fossili potrebbero aver avuto origine in questo modo. Se apparissero degli alieni superintelligenti che si attribuissero il merito di aver creato la vita sulla terra (o anche di alcune particolari specie), la spiegazione puramente evolutiva sarebbe messa in dubbio. Ma nessuno ha ancora prodotto una simile prova.
5. Darwin rinnegò il suo lavoro sul letto di morte
A volte i peggiori nemici possono diventare i migliori alleati. All’inizio del secolo scorso cominciò a circolare la storia dell’evangelista Lady Hope. La donna avrebbe visitato Charles Darwin prima della sua morte nel 1882 e lo scienziato le avrebbe fatto una rivelazione sconvolgente: non avrebbe mai dovuto pubblicare il suo lavoro. Si trattava solo di idee di un giovane immaturo, ma il mondo ne aveva fatto una religione.
Secondo il racconto di Lady Hope, Darwin reggeva in mano una Bibbia e le avrebbe parlato di quanto era splendida l’opera del Signore. Da ultimo le chiese di venire il giorno dopo e di usare una casa nel suo giardino per parlare al personale e ai vicini di Gesù Cristo e della salvezza che possiamo trovare in lui. Darwin, agnostico, non solo si sarebbe quindi convertito in punto di morte, ma avrebbe anche rinnegato il lavoro di una vita, affidando questo importante testamento spirituale a una persona praticamente sconosciuta.
Tutti i membri della famiglia Darwin dissero che Lady Hope si era inventata tutto, e che la donna non era mai stata presente durante gli ultimi giorni di Charles. C’è anche da chiedersi perché Lady Hope abbia raccontato per la prima volta questa storia ben 33 anni dopo i fatti, nel 1915, a ogni modo la leggenda si diffuse rapidamente. Con qualche decennio di ritardo, oggi persino alcuni tra i più influenti siti creazionisti si sono rassegnati all’evidenza: Darwin è condannato all’Inferno.