QUATTRO MILIARDI DI ANNI FA FORSE IL PIANETA X ESISTEVA PER DAVVERO
Mentre la sonda Horizons ha appena terminato la sua visita a Plutone, ecco che si aprono nuovi e affascinanti orizzonti teorici sull’esistenza di un decimo pianeta del nostro sistema solare. Decimo sempre se consideriamo Plutone il nono, anche se è stato declassato a pianeta nano.
La teoria del decimo pianeta o se vi piace chiamarlo pianeta X è di David Nesvorny, astronomo del Southwest Research Institute di Boulder, in Colorado che il 10 agosto scorso ha pubblicato uno studio su astronomical journal, lo scienziato utilizzando dei modelli matematici avrebbe elaborato così la sua teoria.
Nesvorny afferma di aver trovato la prova alla sua intuizione in un gruppo di corpi ghiacciati presenti nella fascia di Kuiper chiamati Kernel, questi corpi celesti hanno fatto scervellare non poco gli astrofisici. Infatti rimangono sempre uniti e orbitano tutti insieme nello stesso piano orbitale. Inoltre, le simulazioni al computer, sembrerebbero escludere che questi frammenti possano appartenere a un corpo celeste che si sia frantumato durante qualche scontro spaziale.
Secondo questa nuova ricerca il Kernel potrebbe essere la prova che il nostro sistema solare è stato sede, oltre che di giove, saturno, urano e nettuno, di un quinto pianeta gigante. Quel pianeta 4 miliardi di anni fa potrebbe essersi scontrato con Nettuno, facendolo saltare dalla sua orbita a quella attuale. Lo scontro avrebbe fatto migrare verso l’esterno i frammenti del primordiale sistema solare con i quali Nettuno si muoveva in sincronia.
Questo ignoto pianeta gigante non si sa che fine abbia fatto, probabilmente sarà uno di quei pianeti vagabondi che si muovono nel cosmo fino a che vengono catturati dall’attrazione gravitazionale di qualche stella.
Nesvorny continua la sua ricerca e a settembre pubblicherà un articolo più dettagliato di questi suoi studi.
Recent studies of solar system formation suggest that the solar system's giant planets formed and migrated in the protoplanetary disk to reach resonant orbits with all planets inside 15 AU from the Sun. After the gas disk's dispersal, Uranus and Neptune were likely scattered by gas giants, and approached their current orbits while dispersing the transplanetary disk of planetesimals, whose remains survived to this time in the region known as the Kuiper belt. Here we performed N-body integrations of the scattering phase between giant planets in an attempt to determine which initial states are plausible. We found that the dynamical simulations starting with a resonant system of four giant planets have a low success rate in matching the present orbits of giant planets, and various other constraints (e.g., survival of the terrestrial planets). The dynamical evolution is typically too violent, if Jupiter and Saturn start in the 3:2 resonance, and leads to final systems with fewer than four planets. Several initial states stand out in that they show a relatively large likelihood of success in matching the constraints. Some of the statistically best results were obtained when assuming that the solar system initially had five giant planets and one ice giant, with the mass comparable to that of Uranus and Neptune, was ejected to interstellar space by Jupiter. This possibility appears to be conceivable in view of the recent discovery of a large number free-floating planets in interstellar space, which indicates that planet ejection should be common.
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