mercoledì 23 febbraio 2011

GENETICA DELLE POPOLAZIONI

GENETICA DELLE POPOLAZIONI
               La moderna teoria evoluzionistica concepisce l'evoluzione come Darwin, cioè basata su due  fattori: la presenza di variazioni, che forniscono la materia prima per i processi evolutivi, e la selezione naturale, che le dà forma e la stabilizza. Dopo la pubblicazione dei risultati di De Vries, ottenuti successivamente alla scoperta delle leggi di Mendel, i genetisti cominciarono a considerare le mutazioni come un fenomeno capace di spiegare l'evoluzione: un balzo genetico, un salto, mediante il quale un nuovo carattere avrebbe assicurato al suo possessore una superiorità talmente evidente che la forma mutante si sarebbe imposta a scapito delle altre. Darwin aveva sostenuto che l'evoluzione è il risultato della somma degli "effetti completi di tante minime variazioni, accumulatesi durante un numero quasi infinito di generazioni" , anche se non era stato in grado di spiegare come le variazioni fossero prodotte, conservate e trasmesse alle generazioni successive. Il conflitto tra genetisti e naturalisti si risolse quando i rigorosi metodi scientifici dei primi sono stati applicati allo studio di intere popolazioni; da ciò è derivata la moderna teoria dei processi evolutivi chiamata teoria sintetica dell'evoluzione (o nuova sintesi o neodarwinismo), perchè rappresenta una sintesi dei due punti diversi di vista. Ai fini della genetica delle popolazioni, deve intendersi per popolazione l'insieme degli individui che si riproducono tra loro in uno spazio determinato. In questo senso tutti i pesci di una determinata specie viventi in uno stagno sono una popolazione. La popolazione è definita e unita da un patrimonio ereditario comune, rappresentato dalla somma di tutti i geni presenti nella popolazione. Molti geni sono presenti in tutti gli individui della popolazione, altri in una parte rilevante della popolazione e altri ancora in pochi individui.. I geni non sono considerati operanti isolatamente, ma in costante correlazione tra loro. Ciò conferma l'ipotesi naturalistica per la quale ogni popolazione cela una grande variabilità, e che anche un piccolo vantaggio presentato da un fenotipo rispetto a un altro è sufficiente a cambiare il carattere della popolazione. E' la popolazione che si evolve e non l'individuo. L'individuo è soltanto il vettore temporaneo di una piccola parte del patrimonio genetico della popolazione, per un breve periodo di tempo e in una particolare combinazione. La lotta per la sopravvivenza comporta non solo una sopravvivenza selettiva, ma anche una commisurata capacità riproduttiva; l'unico criterio valido ai fini dell'adattabilità consiste nel contributo fornito dagli individui al patrimonio genetico delle generazioni successive. Dopo la scoperta che l'azione di un gene consiste nell'indurre la sintesi di una proteina specifica, gli effetti pleiotropici, cioè la capacità di un gene di influire su un certo numero di caratteristiche,  risultarono logici, L'insieme dei geni può considerarsi  come chi dirige una fabbrica biochimica che produce, direttamente o indirettamente, tutte le sostanze necessarie all'organismo.E' da ritenere dimostrato che l'adattamento deve riferirsi all'intero genotipo e non a singoli geni, perché è il genotipo nel suo complesso a determinare l'adattamento dell'individuo.
               La teoria evoluzionistica enunciata da Darwin si basava sui seguenti presupposti:
1) simile genera simile 2) Nella popolazione si verificano variazioni, alcune delle quali ereditarie 3) In ogni specie il numero degli individui che sopravvivono fino all'età dlla riproduzione è molto piccolo in rapporto ai nati vivi. 4) Gli individui che sopravvivono sono coloro meglio adattati all'ambiente, adattamento che determina il contributo che ogni individuo può dare alla generazione successiva. Una grande precisione nella conservazione, nella duplicazione e nella trasmissione dell'informazione genetica è resa possibile dalla peculiare struttura del DNA e dalla distribuzione dei cromosomi al momento della mitosi. Le variazioni negli organismi hanno origine da mutazioni che si verificano costantemente, la media del numero di mutazioni spontanee per un dato locus genico è di 1 o 2 nuove mutazioni ogni 100.000 geni per generazione, 1 gamete su 10 può essere portatore di una mutazione. E' molto probabile che la mutazione sia dannosa che utile, tuttavia la potenzialità di variazione è necessaria a una popolazione per assicurarne la sopravvivenza in caso di cambiamento delle condizioni ambientali. Sebbene le mutazioni siano all'origine delle variazioni, solo attraverso molte ricombinazioni sessuali una mutazione si fissa nel genotipo. Si pensa che nella maggior parte delle popolazioni naturali vi siano variazioni in quantità sufficiente perchè l'evoluzione possa procedere per migliaia di anni senza alcun rapporto di nuove mutazioni, è questa la variabilità latente, i cambiamenti di solito avvengono mediante la selezione di mutazioni già presenti nel patrimonio genetico della popolazione stessa. La variabilità latente è stata dimostrata effettuando incroci selettivi. Il genotipo si oppone tenacemente ai cambiamenti, un organismo è frutto di decine di migliaia di anni di evoluzione, è perfettamente adattato all'ambiente, e a meno che quest'ultimo non cambi, mutamenti di rilievo nell'organismo, sono sempre destinate a fallire. In questo eterno tiro alla fune tra stabilità e variazione, come può la varietà essere contenuta nel patrimonio genetico e come può esservi mantenuta? La risposta ci viene dai seguenti punti. 1) La legge di Hardy-Weinberg secondo la quale una variazione che non comporti né vantaggi né svantaggi permane in una popolazione nel medesimo rapporto per un periodo indefinito di tempo, ammesso che la popolazione sia sufficientemente numerosa, che non si verifichi una selezione di genotipi e che non abbiano luogo mutazioni né migrazioni disuguali verso l'interno o l'esterno della popolazione stessa. 2) Più è bassa la frequenza di un gene nella popolazione meno esso è esposto alla selezione e quindi più lentamente viene rimosso dalla popolazione. 3) Gli alleli recessivi, causa importante di variazioni, sono protetti negli eterozigoti quando conferiscono particolari vantaggi ai fini dell'adattamento. 4) Variazioni continue si verificano in ogni carattere regolato da un certo numero di geni 5) Alleli o gruppi di geni molto differenti possono essere mantenuti in stato di equilibrio nella popolazione quando vi è compensazione tra i vantaggi e gli svantaggi che essi conferiscono.


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