LA TEORIA DEL GENE
Negli anni successivi alla scoperta dei cromosomi sessuali e alla contemporanea ipotesi di Sutton, ci si convinse che il fenomeno dell'ereditarietà fosse ascrivibile a strutture materiali che già Johannsen aveva definito geni. Si pervenne così alle prime teorie sul gene confortate da esperimenti effettuati sia con metodi fisici che chimici i quali confermarono la struttura corpuscolare degli elementi responsabili dei fenomeni ereditari. Più tempo è stato necessario per definire la natura chimica del gene per poi formulare l'attuale teoria del gene. Inoltre, dagli studi di chimica organica, si formulò la teoria dei polimeri che, sulla base degli studi di Kekulé, tentava di dare un modello molecolare alla cellula. Ma tale teoria fu ben presto sostituita da un'altra detta degli aggregati di particelle colloidali; tale teoria considerava infatti la materia vivente costituita da aggregati di molecole molto piccole disperse in un mezzo acquoso. Le idee sui colloidi furono accantonate grazie a Staudinger che coniò il termine di macromolecola per tutte le molecole di grandi dimensioni.
TEORIA DEL GENE COME NUCLEOPROTEINA
Agli inizi degli anni 40 il chimico tedesco Robert Feulgen, utilizzando un colorante rosso che colorava il DNA, ma non l' RNA, scoprì che il DNA era localizzato nel nucleo e più precisamente nei cromosomi; inoltre trovò che l'RNA era presente sia nei vegetali che negli animali. Si accertò così che gli acidi nucleici erano composti universali. Il biochimico svedese Trbjorn Casperson studiò ulteriormente l'argomente rimuovendo gli acidi nucleici con un enzima e osservando ciò che rimaneva. Fotografò con luce ultravioletta la cellula, e dato che gli acidi nucleici assorbono molto i raggi ultravioletti e si colorano intensamente, fu possibile vedere che il DNA si localizza solo nei cromosomi mentre l'RNA compariva sia nel citoplasma che nel nucleolo.Caspersson rivelò che il DNA era localizzato in particolare bande dei cromosomi, si cominciava a profilare l'idea che le molecole del DNA non fossero altro che i geni; si pensò che anche il DNA fosse la intelaiatura dove, come su uno stampo, si formavano le catene polipeptidiche. E' utile precisare che piccole quantità di RNA sono presenti anche nei cromosomi, mentre il DNA può trovarsi anche nel citoplasma e in alcuni organelli citoplasmatici. Un particolare significato assunse il fatto che la quantità di DNA nelle cellule fosse costante, tranne nel caso degli spermatozoi e delle cellule uovo in cui la quantità era dimezzata. Al contrario la quantità di RNA e delle proteine nei cromosomi poteva essere molto variabile; questi fatti sembravano indicare chiaramente una stretta relazione tra il DNA e il gene.
UN GENE-UN ENZIMA-L'ALCAPTONURIA
Già nel 1902 Archibald Garrod, fisico e biochimico inglese, pubblicò un articolo che intitolò "l'incidenza dell'alcaptonuria: studio sull'individualità chimica". Il carattere diagnostico esterno dell'alcaptonuria è l'annerimento delle urine del malato dopo che sono state emesse, come la particolare pigmentazione dei tessuti cartilaginei e tendinei dell'adulto. La sostanza che annerisce al contatto con l'aria venne isolata e risultò un composto chimico detto acido omogentisico, esso è presente nelle urine di questi malati ma manca nelle urine di individui normali. Garrod costruì l'albero genealogico di alcuni suoi malati e trovò che l'alcaptonuria è una malattia ereditaria, viene trasmessa dal genitore al figlio come carattere mendeliano recessivo. Garrod individuò che la malattia era il risultato di una deviazione del metabolismo e chiamò l'affezione "errore congenito del metabolismo". L' acido omogentisico risultò un composto intermedio normale del metabolismo dell'aminoacido Tirosina, un malato di alcaptonuria non può metabolizzare l'acido omogentisico ad anidride carbonica e acqua, cosa che l'individuo sano fa con faciltà; Garrod ipotizzò che le scissione dell'acido fosse dovuto all'opera di un enzima, e nell'alcaptonuria quest'enzima manchi. Fu questa la prima supposizione di un rapporto tra gene ed enzima; Garrod, postulando l'esistenza di una relazione tra i geni e le sostanze chimiche dell'organismo anticipò di trent'anni l'incontro tra la genetica e la biochimica.
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